REFERENDUM 17 APRILE: PER IL FRONTE DEL NO di Manuel NEGRI

Al di là delle solite demagogiche e toccanti immagini proposte da pseudo ambientalisti, propagandate in ogni salsa al fine di omologare il pensiero di tanti; anche in quest’occasione, come in passato col nucleare, occorre cercare di essere il più pragmatici possibile e perseguire delle scelte che possano realmente salvaguardare gli interessi del nostro Paese in maniera organica e non solamente ponendo in evidenza una problematica e sottacendo tutto il resto.

Pur avendo a cuore l’ambiente, senza essere dei ‘verdi invasati e fuori dal mondo’, Progetto Nazionale, nel referendum del 17 aprile si schiera apertamente a favore del NO per i seguenti motivi:

– occupazionali, in quanto la vittoria del SI metterebbe a rischio circa 7000 posti di lavoro, quindi ulteriori 7000 mila famiglie da aggiungersi a quelle già in situazioni economiche di serie difficoltà;

– economici, in quanto dismettere gli impianti prima del tempo e del loro completo sfruttamento, comporta un mancato ammortamento degli stessi e un costo di smaltimento non trascurabile;

– lo stop che prevede il referendum riguarda più il gas metano che il petrolio e, in Italia il petrolio, l’oggetto più demonizzato dalle campagne “No-Triv”, viene estratto per la maggior parte a terra e non in mare. Nello specifico gli impianti che saranno oggetto del referendum estraggono fondamentalmente metano, che sebbene fossile, è una fonte di gran lunga meno dannosa del petrolio e ancora per molti versi insostituibile (attualmente il 54% dell’offerta energetica mondiale);

– la vittoria del SI porterà comunque alla costruzione di altri impianti in quanto la costruzione di piattaforme entro le 12 miglia è vietata per legge dal 2006  (comma 17 dell’art. 6 del D.Lgs 152/06) ma non si potrà però impedire alle compagnie di spostarsi e costruire nuovi impianti poco oltre questo limite. Inevitabilmente, altri impianti saranno costruiti e altri saranno potenziati, per sopperire al fabbisogno energetico. Se vietiamo l’utilizzo degli impianti esistenti, da qualche altra parte questo gas dovremo andarlo a prendere, no?

–  la vittoria del SI non scongiura un rischio ambientale, anzi, contribuisce ad aumentare l’import-export petrolifero e quindi anche l’inquinamento. Ora, immaginiamoci un disastro ambientale, un grave incidente a una piattaforma petrolifera posizionata “correttamente” e cioè oltre il limite delle 12 miglia. Pensate davvero che un miglio, 5 miglia o anche 20 miglia possano fare la differenza? In più lo stop delle piattaforme esistenti si tradurrebbe in un maggiore traffico di petroliere che vanno a spasso per i nostri mari per portarci i combustibili che noi abbiamo deciso di non estrarre più ma di cui avremo ancora bisogno. Petroliere alimentate a petrolio, che trasportano petrolio e che possono esplodere o essere soggette a perdite e sversamenti. Senza dimenticarci che, sempre in Adriatico, anche la Croazia e la Grecia trivellano e, in futuro, potrebbero attingere ai giacimenti che l’Italia abbandonerà in caso di vittoria del SI. Insomma, a livello di rischio ambientale non cambia proprio nulla;

– la vittoria del SI non si traduce in una politica immediata a favore delle energie rinnovabili che a conti fatti da sole non possono ancora bastare. Cosa vi aspettate, che all’indomani della cessazione delle attività nelle piattaforme, l’Italia magicamente si sosterrà solo con le rinnovabili? Ma appunto per questo bisognerebbe puntare non alla costruzione di altri impianti, bensì allo sfruttamento residuo di quelli già esistenti che devono fare da supporto alle energie rinnovabili sempre più in crescita ma non ancora autonome.

In un futuro (credo ancora troppo lontano) si auspica l’utilizzo esclusivo di energie rinnovabili ma ciò deve essere fatto un passo alla volta, con la consapevolezza che un periodo di “transizione” è fisiologico e l’utilizzo delle fonti fossili, soprattutto del gas, ci dovrà accompagnare in questo passaggio. In poche parole, se togliamo il gas e il petrolio dobbiamo essere in grado di sostenere subito “la baracca” in un altro modo altrettanto efficiente.

Quindi ci auguriamo semplicemente che chi deciderà di votare SI abbia un comportamento ineccepibile dal punto di vista energetico. Questo non significa solo fare la differenziata e andare in bicicletta. Significa essere pronti, per coerenza personale, a rinunciare all’indomani del referendum a qualsiasi forma di utilizzo dei combustibili fossili. Significa non possedere né auto né moto che non siano elettriche; significa non viaggiare né in aereo né in nave; significa avere una casa totalmente sostenuta da rinnovabili; significa non comprare tantissimi prodotti che fanno parte della nostra vita quotidiana e per la produzione dei quali vengono usati combustibili fossili.

Insomma, significa essere degli integralisti energetici, avere uno stile di vita molto più che green. Ma quanti, tra quelli che voteranno SI hanno una condotta del genere?

Ma questa è la moda e la tendenza…

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