LE VERE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA di Manuel NEGRI

Gran parte dei media nazionali hanno salutato l’amministratore delegato della privatissima B.C.E. Mario Draghi come l’uomo che ha finalmente trovato la soluzione per risolvere la crisi, quasi come se avesse scoperto la panacea di tutti i mali.

Con la scusante della lotta alla deflazione, (ma prima non dovevano combattere lo spettro dell’inflazione…) e della crisi economica, la BCE ha annunciato un programma di acquisto di titoli di Stato delle Nazioni europee per 60 miliardi di euro al mese, a partire da marzo 2015 fino a settembre 2016, per un totale di 1.100 miliardi di euro; la cosiddetta operazione QE (Quantitative Easing).

Di fatto, la partecipazione al piano non sarà equamente distribuita e avrà un peso ben diverso a seconda della quota di capitale dei singoli paesi membri. Le percentuali di bond che verranno acquistati saranno distribuite in base al contributo di capitale di ogni Stato in Eurozona.

Ma il bello, o il male, è che i rischi di tale operazione vengono accolti solamente per il 20% dalla BCE, mentre per il restante 80% vengono scaricati sulle Banche centrali nazionali; questo significa che la copertura dei titoli acquistati sarà per l’80% a carico delle nazioni i cui titoli sono stati acquistati, scelta molto probabilmente condizionata dalla Germania che non intende accollarsi il rischio per conto di altri paesi.

Il numero uno della Bce ha difeso in ogni caso l’accordo sulla condivisione dei rischi, facendo notare che non esiste un dipartimento del Tesoro unico per l’Eurozona e quindi che non esiste altra via se si vogliono risarcire le banche centrali contro le perdite legate agli acquisti di bond.

Anche innanzi a questa ipocrita affermazione di circostanza, nessuna reazione politica.

Per quanto riguarda l’Italia, questa mossa della BCE scarica sul Tesoro italiano, le cui casse sono sempre più vuote, il rischio di utilizzare il QE perché nelle operazioni di acquisto di Btp o di altri titoli, l’80% sarà appunto a carico della Banca d’Italia che dovrà attingere dalle proprie riserve per garantirli, andando nel caso a rastrellare risorse pubbliche.

Ma se noi dobbiamo garantirli coi nostri soldi, perché Bankitalia non compra direttamente i titoli di Stato e ci finanziamo la spesa pubblica per nostro conto, magari come fa il Giappone?

Probabilmente, al di là della questione dei Trattati, che possono comunque essere revisionati e riscritti, per la semplice ragione che attraverso questi strumenti, la Troika può continuare a mantenere sotto controllo le singole nazioni europee, tra cui il nostro paese.

Emblematica la dichiarazione di Draghi relativamente alla Grecia che, a dir suo, potrà utilizzare il QE solamente se rispetterà le direttive della Troika.

Possiamo così tranquillamente affermare che il destino dell’Italia non verrà deciso da Renzi o dal prossimo Presidente della Repubblica, ma dagli equilibri tra Francoforte, la Troika e la Germania.

Il loro operato si articola attraverso forme di vere e proprie vessazioni e ricatti in quanto l’utilizzo del cosiddetto OMT (Outright Monetary Transactions) che la BCE vuole mettere in campo per sostenere l’acquisto dei titoli di debito pubblico è subordinato all’accettazione da parte dello Stato in difficoltà di un programma di finanziamento del MES (Meccanismo europeo di Stabilità); in parole povere il famoso commissariamento che prevede l’obbligo di rispettare ‘rigorose direttive’ e soprattutto di intraprendere le famigerate ‘riforme strutturali’.

Su questa strada, il futuro del nostro paese si presenta ad un bivio e purtroppo, se non ci svegliamo, non saremo noi i padroni del nostro destino.

Ma una domanda sorge spontanea, da dove vengono tutti questi soldi?

Semplicissimo: la privatissima B.C.E. provvederà a farli stampare a puro costo tipografico di carta e inchiostro incamerando titoli del debito pubblico a garanzia che verranno pagati a naturale scadenza, gravati logicamente dagli interessi maturati, attraverso la raccolta garantita dall’imposizione fiscale dei singoli Stati membri; ovvero coi soldi di imprese e lavoratori, sempre più oberati dalla crisi, da una asfissiante burocrazia e da una crescente pressione fiscale.

Molti economisti sono risultati critici del provvedimento, soprattutto nella considerazione che risulta svantaggioso per i Paesi più deboli; logicamente, all’interno dei presidii principali, tutti si allineano con Francoforte, a partire dalla numero uno del Fondo Monetario Internazionale Cristine Lagarde, naturalmente a favore dell’operazione.

Per altri e per una serie di economisti che prima lo appoggiavano, il piano di acquisto di titoli di Stato non serve all’economia reale e anzi avvantaggia i grandi player del mondo finanziario, alimentando così sempre più ineguaglianze.

Va ricordato inoltre, che il piano viene varato all’interno di un’Unione Monetaria che non è un’unica entità federale, bensì rappresenta 19 stati separati tra loro con livelli di debito pubblico e qualità del credito differenti; si va dalla tripla A della Germania alla spazzatura della Grecia.

Ma oltre il danno sta celata anche la beffa, come sempre; ovvero che sulla quota spettante all’Italia per esempio, il 50% della somma dovrà essere garantita alla B.C.E.

Ma come saranno coperti da via Nazionale?

Due alternative: o con le riserve auree custodite nei forzieri di palazzo Koch (senza dimenticare che gran parte sono nei caveaux della Fed a New York) o con lo scudo del Tesoro e in questo caso vuol dire un rischio manovra aggiuntiva di qualche decina di miliardi, senza tralasciare l’ipotesi di un prelievo forzoso sui conti correnti e relativo salasso sui contribuenti e sui risparmiatori.

E Renzi ed il ministro Padoan plaudono…

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