Si avvicinano le elezioni amministrative e il voto sui 5 quesiti referendari in tema giustizia, referendum assai poco compresi, come non di rado accade. Studiati ad arte per non raggiungere il quorum, questi referendum – per ciò che può servire un referendum in Italia – sono comunque importanti per le zone incancrenite della giustizia italiana che vanno ad interessare, a partire da certa cricca di magistrati – in particolar modo quella legata alla corrente di pensiero sinistro-progressista, che da tangentopoli condiziona pesantemente la vita politica nazionale.
Cinque quesiti dei quali il distratto elettore medio, ma forse anche quello più avveduto, fatica a comprendere il senso; indicazioni sommarie, dibattito pressoché azzerato e spot elettorali lampo.
Lo strapotere dei magistrati in Italia è realtà evidente e consolidata non solo agli occhi di chi si occupa di politica, ma spetta proprio alla politica ricondurlo alle dovute dimensioni; una politica che però guardi al dettaglio della particolarità del tema e non si faccia influenzare dalla vulgata popolare che spesso viene mossa dalla pancia.
Il famoso referendum sulla riforma costituzionale, che Renzi erroneamente volle intestarsi declassandolo e sviandolo nel vicolo cieco del plebiscito politico pro o contro, fu una clamorosa occasione persa. La vittoria avrebbe sì permesso al paroliere fiorentino di fare ancora qualche danno, ma per poco, poiché con le elezioni alle porte la situazione sarebbe cambiata e non ci saremmo trovati quelle improbabili alleanze che spianarono la strada allo spietato banchiere al Governo.
Ma tornando ai prossimi referendum, appare per noi corretta la scelta di votare SÌ per tutti i 5 quesiti, sebbene qualcuno abbia delle remore circa i temi della Custodia Cautelare e della Legge Severino, troppo spesso usati in maniera sommaria e selvaggia.
Nel frattempo la Sinistra persegue i propri obiettivi in maniera sistematica, scientifica, cercando di demolire (forse sarebbe il caso di dire decostruire) ogni sano anelito e sussulto popolare ispirato dai valori della nostra cultura, dei nostri costumi e della nostra tradizione.
Il “caso Alpini”, a Rimini, è stato in tal senso emblematico, con tutto il consueto corollario di strumentalizzazioni, generalizzazioni e distorsioni. Il solito boccone avvelenato preconfezionato, servito ancora caldo alla pubblica opinione immediatamente dopo la sfilata; certo giornalismo al guinzaglio era già pronto con gli articoli in canna, articoli conditi con accuse inventate, prive di riscontri oggettivi salvo nel caso di una aggressione realmente accaduta…ad opera di un immigrato africano.
Da qui ai recenti fatti sul lago di Garda il passo è breve.
Un popolo amorfo, che assiste intimidito alle prepotenze e alle soverchierie di giovanissimi sradicati, male educati e deculturati – per lo più di origine straniera – che creano scompiglio in alcune località turistiche sulla sponda veronese del lago.
Ragazze altrettanto giovani, ma col torto d’essere italiane non di origine straniera, fatte oggetto di violenze sul treno anche per il colore della loro pelle, sempre da soggetti della specie di cui sopra.
Un problema sociale non di oggi (come troppi vorrebbero far credere) che nulla ha a che fare, nelle sue origini, con una questione di ordine pubblico (come troppi e troppo interessatamente vorrebbero derubricarlo); e allora eccoli tutti a sproloquiare, miopi e stolti (e non pochi in malafede), di Forze dell’Ordine, Polizia Municipale, militarizzazioni del territorio, ed altre misure prêt-à-porter da sceriffi improvvisati e dal fiato cortissimo.
La gravità e la pericolosità del problema sta anche nella diffusa rassegnazione, nel fatalismo imperante, nella sottovalutazione, nel giustificazionismo (ma in molti casi trattasi di copertura ideologizzata) di ampi settori della politica, della magistratura, della cultura e dell’informazione.
Ritroviamo il coraggio, rimettiamo in circolo gli anticorpi, e magari, in considerazione delle imminenti elezioni amministrative diamo fiducia a uomini della nostra gente capaci di affrontare i problemi senza il timore d’esser etichettati.
Un grande augurio di successo vada a tutti i nostri candidati.
Piero Puschiavo